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Software Libero e La Pubblica Amministrazione

Intervista al presidente di Free Software Foundation Europe: Karsten Gerloff


Intervista al presidente di Free Software Foundation Europe: Karsten Gerloff


Di Giacomo Poderi
Karsten Gerloff è il nuovo presidente di Free Software Foundation Europe (FSFE[1]) e, oltre ad anni d’esperienza nell’organizzazione, ha lavorato come ricercatore presso l’UNU-MERIT di Maastricht, investigando l’uso del SL nel settore pubblico Europeo.
FSFE è un’organizzazione no-profit dedita alla diffusione dei principi del Software Libero in ambito educativo, legale e politico, in Europa.
L’organizzazione, oltre a mantenere contatti con enti pubblici e centri di competenza sul SL per attività di sensibilizzazione, si occupa anche di altri aspetti: presso le Nazioni Unite e l’Unione Europea promuove politiche favorevoli al SL e agli standard aperti; fornisce consulenze
specifiche su questioni legali e di licenze; ed è attiva nel promuovere attività locali e a partecipare
ai numerosi eventi a favore del SL che si svolgono annualmente in tutta Europa.
In questa intervista gli ho posto alcune domande volte a fare il punto della situazione sull’ampio tema del SL nella Pubblica Amministrazione (PA).

GP: Sembra che oggi ci sia molta pressione affinché le PA migrino verso il SL. Perché questo è così importante?

KG: Non direi che ci sia una vera pressione sulle PA per migrare al SL. Semplicemente, sempre più amministrazioni si stanno rendendo conto delle alternative che esistono al di fuori del software proprietario e dei vantaggi che queste portano.
Il SL è, per sua natura, adatto alla Pubblica Amministrazione per una serie di motivi. Le PA sono pagate con i soldi dei contribuenti e dovrebbero utilizzare questi soldi per sostenere l’economia locale. Dovrebbero pagare fornitori locali o nazionali per servizi di SL, anziché acquistare licenze da compagnie oltre oceano. Le PA dovrebbero evitare di sprecare i propri fondi, ed il SL fornisce possibilità di riutilizzo e di soluzioni ad hoc che permettono di risparmiare. Poi c’è la questione della sicurezza dati. Con il software proprietario non si può mai essere sicuri di che cosa faccia con i nostri dati, mentre il SL permette di verificare che i nostri dati vadano dove dovrebbero in maniera sicura. Questo è particolarmente importante quando si parla dei dati privati dei cittadini. Infine, il SL garantisce più potere decisionale alle PA sui propri sistemi informatici: niente più aggiornamenti forzati, rinnovamento di licenze o formati restrittivi.

GP: Le PA di Bolzano e Monaco utilizzano già da tempo SL con molti benefici. Questi due casi sono isolati o le cose stanno cambiando nel contesto Europeo?

KG: Bolzano e Monaco si sono rese conto molto presto dei vantaggi di queste soluzioni e hanno agito di conseguenza. La regione spagnola di Extremadura è un altro esempio, in cui il governo locale ha agevolato lo sviluppo di una versione localizzata di Debian: GNU/LinEX e ha costruito una strategia per lo sviluppo regionale incentrata sul SL.
Da allora, l’idea che il SL sia di benefico ad enti pubblici è diventata abbastanza comune e molti altri esempi si potrebbero citare in Europa. La Gendarmeria Francese sta attualmente migrando 70,000 computer verso GNU/Linux. L’Ufficio Esteri Tedesco sta utilizzando GNU/Linux da tempo non solo negli uffici di Berlino, ma anche per costruire una rete sicura tra le proprie ambasciate in tutto il mondo. In Belgio, molte città hanno aderito al progetto PloneGov per sviluppare in cooperazione soluzioni basate su Plone.
Molti Stati Europei stanno allestendo centri di competenza sul SL, come in Norvegia, Spagna, Francia e Slovenia. Questi centri aiutano gli enti pubblici a migrare al SL e ad usarlo efficacemente.
Similmente, la Commissione Europea ha istituito la piattaforma “Open Source Repository and Observatory (OSOR)” dove impiegati pubblici possono scambiarsi esperienze e software.
Sicuramente, a livello politico, alcuni paesi stanno facendo molto meglio di altri. In Spagna sono principalmente le autorità regionali che usano il SL, come in Extremadura, Galizia e Andalusia. L’Olanda prevede oggi che gli enti pubblici considerino sempre anche soluzioni libere nel momento in cui pubblichino bandi per appalti. D’altro canto però, il successo di Monaco fa passare in secondo piano il fatto che la Germania sia indietro per quel che riguarda leggi sul SL: né i governi locali né lo Stato Federale hanno fatto molto per tutelare le compagnie che lavorano sul SL. Questa è una situazione che FSFE sta cercando di cambiare.

GP: Dall’esterno, si ha l’impressione che la decisione di una PA di migrare al SL sia una decisione politica, dall’alto. Quanto è vero questo, e quanto i cittadini possono influenzare queste decisioni?

KG: Questo tipo di decisioni politiche dall’alto possono aiutare il SL ad entrare nella sfera pubblica, purtroppo però richiedono un duro e costante lavoro che non sempre viene premiato.
Nella maggioranza di enti pubblici che conosco, comunque, la spinta verso il SL deriva da una singola persona, o un piccolo gruppo, che convince i propri superiori a provare ad utilizzare qualche cosa di nuovo.
Il caso delle scuole è diverso però: il SL è molto valido in ambito educativo dato che insegna a pensare liberamente e creativamente, ma per sfruttarlo a fondo non è sufficiente installarlo sui computer della scuola. Gli insegnanti dovrebbero essere educati a trarre il meglio da questi strumenti: i concetti vanno sviluppati e gli insegnamenti pianificati. In questo caso, le autorità regionali o nazionali sono in una posizione migliore per agevolare il sistema, rispetto alle iniziative individuali.
Per quel che riguarda i cittadini invece, questi non devono temere di parlare con le amministrazioni locali, delle scuole o con i rappresentanti politici spiegando loro cosa sia il SL e che benefici porti. Ad esempio, la Fellowship [2] di FSFE è un programma che, oltre a finanziare il lavoro di FSFE, permette ai Fellow di scambiarsi esperienze ed idee sulla promozione del SL. Da questo scambio possono nascere campagne informative, come pdfreaders.org. Incontrarsi con i Fellow che vivono nelle vicinanze, parlare di SL e cercare di pianificarne la promozione è un modo realmente efficace di supportare la diffusione del SL nella propria area.

GP: Un termine che si sente spesso in questo contesto è quello degli standard aperti. Cosa sono e come si collegano alla questione?

KG: FSFE mantiene una definizione di standard aperto [3] utilizzata già in molti contesti. Semplicemente, questi sono standard che chiunque può implementare liberamente e indipendentemente da un’unica entità.
Gli enti pubblici necessitano di un’infrastruttura IT affidabile. Hanno bisogno spesso di immagazzinare dati per lunghi periodi. Le agenzie pensionistiche, ad esempio, detengono dati per 50 anni. Come possiamo sapere che l’organizzazione sviluppatrice del formato utilizzato sia ancora in circolazione nel 2059? Inoltre, se il fornitore è lo stesso che non riusciva a far sì che i nostri file funzionassero tra versioni diverse del proprio software, quei file potranno ancora essere aperti?
Gli standard aperti descrivono chiaramente e pubblicamente come i programmi scambiano ed immagazzinano i dati. Anche nell’improbabile caso che fra 50 anni non esistesse più un programma libero che implementi quello standard, sarebbe ancora possibile leggere le specifiche dello standard e sviluppare un uovo programma per quei dati. Utilizzando standard aperti, gli enti pubblici si assicurano un’infrastruttura IT a ‘prova di futuro’.

GP: Quali sono, oggi, le questioni più urgenti da affrontare affinché le PA diventino ben disposte verso il SL?

KG: Il primo punto è la consapevolezza. Oggi, sempre più persone sono a conoscenza del SL, ma la strada per cui almeno i decisori politici delle PA capiscano a fondo il SL, è ancora lunga.
Aiutare le PA ad adottare gli standard aperti è un obiettivo importante per FSFE. Questi standard sono necessari per un mercato software veramente competitivo e per rendere più facile la migrazione verso il SL. Questo significa che dobbiamo anche distinguere tra veri standard aperti come ODF, ed altri come OOXML che aperti non sono, nonostante lo si voglia far credere.
Un altro punto su cui far leva è quello dell’approvvigionamento pubblico. Quando gli enti pubblici acquistano servizi o prodotti software, le regole dicono che ci dovrebbero essere pari opportunità anche per chi offre SL. Spesso, queste regole vengono ignorate o aggirate nei bandi d’appalto. Vogliamo rendere gli enti più consapevoli di queste regole ed aiutarli a sviluppare delle strategie per cui i propri bandi siano effettivamente equi verso il SL.

[1]http://fsfe.org/
[2]http://fellowship.fsfe.org/
[3]http://fsfe.org/projects/os/def.html

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