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La necessità di fare la cosa giusta, il coraggio di scegliere.

Di Flavia Marzano

Di Flavia Marzano

Sono anni che anche in Italia si parla di software libero per la Pubblica Amministrazione; se ne parla con maggiore insistenza in particolare dal febbraio 2002 quando l’allora senatore dei Verdi, Fiorello Cortiana, ha presentato il primo disegno di legge: “Norme in materia di pluralismo informatico, sulla adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella PA”.

Da allora quando si parla di software libero si offrono definizioni, si elencano differenze tra software libero e software proprietario, o tra software libero e open source, se ne illustrano i benefici e le opportunità offerte, si elencano le normative regionali, nazionali ed europee che ne supportano l’adozione da parte della PA, si elencano i Governi, le Regioni e gli Enti che lo hanno adottato, se ne evidenziano opportunità e rischi.

Molto spesso poi, quando si parla di software libero si parla anche di etica, di politically correctness, di ideologie, di amici e nemici, di giusto e sbagliato.

Vorrei qui introdurre un “nuovo” motivo per l’adozione del software libero nella PA: la necessità di fare la cosa giusta! Insomma il software libero non per ideologia, non per “sentito dire”, non perché “va di moda”, non perché lo dice il partito qualunque esso sia, non perché così vogliono i “giovani”: il software libero perché è necessario, il software libero perché è la cosa giusta!

Ma in che senso il software libero è necessario per la Pubblica Amministrazione?

Perché è la cosa giusta?

È necessario ed è la cosa giusta perché tutti concordano sul fatto che la PA, comprando software debba garantire: pluralismo e concorrenza, sicurezza dei dati, integrazione con il software già in uso, continuità, persistenza dei dati e interoperabilità, giusto rapporto prezzo/prestazioni, utilizzo di standard aperti, assenza di “lock-in” e “backdoor”.

È necessario ed è la cosa giusta perché la PA deve garantire, nella fornitura di informazioni e servizi: non discriminazione verso nessuno, trasparenza facilità d’uso, rispetto della privacy, accessibilità, diversità (deve essere possibile leggere documenti pubblici senza dover acquisire alcun software, o licenza, specifica; deve essere possibile accedere ai siti Web della PA e utilizzarne i servizi usando qualunque tipo di browser standard).

In sintesi il software libero è necessario ed è la cosa giusta perché “La Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici.” (L. 4/2004).

Che cosa manca ancora? Per garantire i principi di contenimento della spesa pubblica, di tutela della concorrenza, del rispetto delle autonomie, del diritto all’uso delle tecnologie e alla partecipazione democratica, la disponibilità del codice sorgente, l’indipendenza da uno specifico fornitore, la necessità di sviluppo dell’industria informatica in particolare locale, la certezza per chiunque, anche in futuro, di poter accedere ai dati e di apportare miglioramenti o modifiche ai software che li gestiscono, per garantire tutto ciò serve una cosa essenziale: il coraggio di scegliere. Il coraggio che i politici devono trovare per individuare il cammino verso l’unica strada giusta per garantire quanto detto alla propria amministrazione e ai propri cittadini. I supporti normativi ci sono tutti, adesso troviamo il coraggio di fare!

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